mercoledì 27 aprile 2011

La Corrida. Dilettanti allo sbaraglio


Da ragazzino aspettavo spesso il sabato mattina quando, dalla radio, squillavano le trombe dalle sonorità spagnole a ricordare l'inizio del programma inventato da Corrado (storico presentatore parte del mitico gruppo dei 5: oltre a lui Mike Bongiorno, Raimondo Vianello, Enzo Tortora anche loro scomparsi e l'inossidabile Pippo Baudo, comunque parecchio più giovane dei primi).

E ricordo con viva simpatia i personaggi che si avvicendavano su quell'invisibile palco arricchito dalla fantasia che solo le trasmissioni radio sanno scatenare rendendo il tutto più affascinante e certamente molto più difficile da condurre e proporre tenendo desta l'attenzione di un pubblico a cui è dato l'uso del solo udito.

Per anni (dal 1969 al 1979) soltanto e, fortunatamente, via radio. Poi, la TV commerciale ha ripreso il format, come si direbbe oggi, affidandola sempre a Corrado che ha saputo mantenerne sobrietà ed eleganza, nonostante le maggiori pretese che il mezzo televisivo ha, ricercando tra i cosiddetti dilettanti allo sbaraglio quel buon gusto che comunque rende simpatico e gradevole persino il più stonato degli aspiranti cantanti o il più imbranato degli aspiranti artisti.

Ma ormai, e sono anni, ogni qual volta per caso mi sono soffermato a seguire qualche istante delle attuali trasmissioni ciò che emerge è soltanto marciume e mancanza assoluta di buon gusto. La ricerca da parte degli autori e la volontà di ostentazione del peggio di sé da parte dei partecipanti sono la costante del pur di apparire in TV tipico di questi anni.

L'ultima edizione, affidata ad un improponibile Flavio Insinna che da ufficiale della Benemerita (come se ai Carabinieri non fosse bastato Nino Frassica maresciallo...) passando per Affari Vostri è finito a condurre quest'anno insieme all'oca giuliva di sempre Antonella Elia è semplicemente disgustosa: priva di qualsiasi relazione con aspirazioni o vocazioni di qualsiasi dilettante privo di vergogna alcuna e, ripeto, senso del buon gusto. Così come certe tardone ostentano ancora abbigliamento ed estetismi che starebbero bene solo a delle adolescenti questi si autodichiarano deficienti cerebrolesi alla berlina con, ovviamente, l'autorizzazione degli autori che li selezionano convinti che facciano ridere, forse, ma è un riso amaro.

Basti guardare il video dell'intervista che Bonolis ha fatto al cosiddetto vincitore della Corrida 2011, un personaggio che non sa mettere insieme due parole nemmeno nel dialetto del suo paese, che non capisce le domande e che ride nonostante il ludibrio al quale ostentatamente Bonolis lo sottopone, con quel suo sorriso finto che maschera quanto possa essere perfido (lo ricordate quando agli esordi scherniva i poveri malcapitati che telefonavano speranzosi di portare a casa qualche soldo col giochino telefonico di turno?). E costui lì tranquillo e sorridente come un ebete lobotomizzato.
Insomma cercare di associare il lontanissimo ricordo che ho di quella trasmissione radiofonica e dell'originale di Corrado negli anni '80 in TV sarebbe come pretendere di far passare l'osceno "Scherzi a parte" alla pari con il delicatissimo ed intelligente "Specchio segreto" di Nanni Loi.
E dopo tutto, se coloro i quali dovrebbero farci da guida ed esempio sono i primi a cadere nell'osceno e nella mancanza di buon gusto, di che meravigliarci?

Nota del 7.5.2011. Ed era talmente osceno che hanno censurato persino il video dell'intervista di Bonolis, altro che diritti d'autore

lunedì 25 aprile 2011

Altro che catastrofi naturali! Queste lo sono davvero!


Partiamo da qui e da notizie un po' più vecchie.

Non oserei nemmeno sognarlo che a direttore di un ente, piuttosto inutile direi, come il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) venga eletto un giorno Piergiorgio Odifreddi, sarebbe limitante ed offensivo per lui che ha ben altro da fare e potremmo rischiare di passare da un fondamentlismo all'altro , ma già Piero Angela pronto a passare lo scettro all'altresì bravo figlio Alberto sarebbe fantastico! E ci metto un'opzione di voto per Alessandro Cecchi Paone!

I discorsi nostri hanno a essere intorno al mondo sensibile e non sopra un mondo di carta diceva diversi secoli fa Galileo Galilei ed è inutile e noioso per me cercare di spiegare cosa siano la ricerca, il metodo scientifico visto che anche qualora avessi tempo per farlo alla maggioranza delle persone non basterebbe tutto il loro tempo per capirlo! Ai pochi suggerisco un bel libro che guarda caso si intitola "Il mondo di carta" di Enrico Bellone (Mondadori EST, 1976).

Purtroppo il mondo è diviso in razionali ed irrazionali, più o meno 30/70% e questa irrazionale maggioranza non capisce che giorno dopo giorno, secolo dopo secolo, stiano meglio proprio grazie al lavoro, spesso oscuro, dei razionali; e per questo la mia fatica andrebbe sprecata al 70%, decisamente troppo.

Ma se a questo si aggiunge che da inattesi ed inammissibili pulpiti personaggi come Roberto de Mattei, vice-direttore del CNR si mettano a sparare sentenze catto-popolari guidati dalla loro assoluta e fondamentalistica (cattolica appunto...che già la scelta di questo aggettivo per concilio dovrebbe far sospettare) la battaglia pur combattibile è persa a tavolino!

Un "de mattei" non deve e non può permettersi di sparare CAZZATE perché di questo si tratta! Posso anche rispettare il pensiero e la posizione teologica o spirituale volendo ma non posso assolutamente accettare un pensiero astrologico e cartomantico quale quello recentemente espresso da costui: un vice-direttore del CNR che si mette a dire e scrivere che terremoti, inondazioni, uragani e simili sono l'espressione del castigo divino.

A prescindere dalla cronaca delle fregnacce del De Mattei (la storia del terremoto di Messina del 1908, la teologia cristiana del castigo e della sofferenza per migliorarsi...mi chiedo se lo vedremo tra i battenti di Guardia Sanframondi) le dichiarazioni correttive sono quelle che rendono ancora più ridicola la notizia: il correre ad aggiustare il tiro da parte di Raniero Cantalamessa, nomen omen, portavoce, ops, predicatore del Vaticano che smentisce le affermazioni del De Mattei dicendo che non è vero.
Se c'è una cosa della dottrina cristiana che mi fa incazzare è proprio questa: quando accade qualcosa di benefico è opera divina e quando invece è una catastrofe non c'entra niente. Ma anche per le piccolissime cosucce terrene tipo quello che si schianta con la macchina e ne esce illeso è stata 'a maronna t'accumpagne mentre se ci schiatta non è punizione per i peccatacci, è che era ubriaco!
Comunque sia il correre ai ripari del predicatore è giustificabile anche considerando il fatto che prima dei vangeli così pieni di bontà la Bibbia è altrettanto piena di collera divina, catastrofi, eccidi e di un dio vendicativo e parzialissimo: o sei ebreo o crepa!

Comunque sia al Cantalamessa non è sembrato vero questo popo' di assist che gli ha passato il De Mattei ed è stato pronto ad ammonirci dicendo che comunque le catastrofi naturali siano di monito a ricordarci che per salvarci (da cosa?) tutta la tecnologia, il progresso e la tecnica (NdR: sempre di quel 30 a vantaggio anche del restante 70%) non bastano! Capirai, non gli sarà parso vero dare una botta antiscientifica di stampo oscurantistico.

Su una sola affermazione sono d'accordo: «La globalizzazione ha almeno questo effetto positivo: il dolore di un popolo diventa il dolore di tutti, suscita la solidarietà di tutti. Ci dà occasione di scoprire che siamo una sola famiglia umana, legata nel bene e nel male. Ci aiuta a superare le barriere di razza, colore e religione».

Ma per questo basta essere uomini e non necessariamente cattolici, scintoisti, ebrei, musulmani, induisti ecc ecc!

E visto che il De Mattei ha tirato fuori la minchiata dopo il terremoto giapponese mi chiedo che minchia c'entrino i giapponesi; e infatti non ce lo spiega considerando che l'unico rapporto tra giapponesi e cattolicesimo è dato dal merchandising che da qualche anno è stato tirato su per far soldi con la scusa del bambinello a Natale!

Ma De Mattei dov'era quando l'Aquila è venuta giù?

domenica 24 aprile 2011

L'Aquila stuprata


Poco meno di un anno fa passavo per l'Aquila e quanto vidi l'ho già commentato allora: qui.
Ieri, 23 aprile 2011, torno su quelle stesse strade per recarmi ancora una volta verso il bellissimo Altopiano delle Rocche e percorro ancora una volta, via 20 settembre, neanche 2 km di desolazione, ed è solo quanto visibile in superficie.
La cosa che mi ha colpito, come nel finale di Easy Rider, come un pugno allo stomaco suscitando in me un misto di rabbia e profonda tristezza è che è passato UN ALTRO ANNO, E NULLA E' CAMBIATO.

E passandoci mi sentivo, vergognandome, come quei rari turisti del macabro che incroci anche lì, anche su via 20 settembre, soprattutto davanti alla tristemente nota Casa dello Studente.

Lungo quel viale le transenne giacciono immobili e non arrugginiscono solo perché in alluminio zincato. Le palazzine del sacco edilizio de l'Aquila degli anni 70, che siano le case popolari o moderne palazzine in cortina, si allineano l'una accanto all'altra, vetri e serrande ancora alzate o divelte da quella notte. Le tamponature esplose a macchia di leopardo, i pilastri aggrediti ma tutto sommato ancora in piedi. Il tutto interrotto ogni tanto da qualche palazzina d'epoca. Su qualche edificio, soprattutto quelli con le vestigia tipiche dei palazzotti signorili e d'annata, cartelli di aziende di ristrutturazione private pagate di tasca propria dai rispettivi proprietari.
Ma mi chiedo: anche ristrutturando e consolidando a rendere di nuovo agibile la propria casa CHI andrà a vivere in un deserto testimone di desolazione e dolore?

E quanto si vede lungo via 20 settembre è solo un anticipo di quanto c'è nelle sue traverse verso monte, chiuse da transennature più o meno definitive, lasciando il passo a chi, graziato dal mistero della propagazione delle onde sismiche, può ancora abitare in case stabili circondato da edifici transennati ed inagibili. In questo viale dove le pareti dei suoi palazzi ricordano così violentemente Beirut degli anni '80 o la Sarajevo dei '90.

La strada è ancora a senso unico a causa di un cedimento più o meno a metà strada: basterebbe una ruspa ed una squadra di operai a sistemarlo e riattivare la circolazione a doppio senso senza costringere residenti e non a lunghi giri viziosi e trafficati. Ma queste sono, avrebbe detto Totò, pinzillacchere...

Un anno fa era passato poco più di un anno e la scusa che c'era ben altro da fare poteva a stento reggere ma adesso un altro anno è trascorso e tutto è immobile. La desolata e rabbiosamente sconsolante immagine di quella benna ferma lì da due anni!!! Chi ne sta pagando il costosissimo noleggio giornaliero? E perchè?

Condividendo un caffè con lui ho parlato a lungo con un cordiale (come tutti gli aquilani) barman del bar dello storico Grand Hotel del Parco a chiedergli e chiedersi il perché gli aquilani non si siano ancora armati a tirar giù dai loro comodi letti i responsabili dell'immobilità, menando sprangate a destra e sinistra, quasi alla cieca a scovare, magari per caso, chi debba pagare. L'aquilano è mite, è paziente, è montanaro e vive circondato da montagne: non sa guardare oltre mi diceva. O forse i più, i graziati, gli indenni, non sanno guardare oltre le loro miserabili tasche fregandosene altamente delle migliaia che vivevano e lavoravano intorno a questo tratto di strada che è solo un frammento del dramma. E gli chiedevo come mai non fossero sul piede di guerra, inutile retorica la mia.

Ho promesso che ne avrei parlato, l'avrei fatto comunque, perché questa è cronaca che non fa più notizia, se non localmente e senza peso. E ripenso agli aquilani che vennero a protestare a Roma presi a manganellate dai poliziotti governativi.

E il pensiero che mi sovviene accomuna gli aquilani ai napoletani, anche loro tutto sommato miti (o "muti e rassegnati" come si diceva alle spine in qualche caserma...) e rassegnati di fronte alle tonnellate di spazzatura che da almeno un decennio li perseguita. E anche loro ancora non si sono armati e credo che, come gli abruzzesi, non lo faranno mai. Dante metteva gli ignavi all'inferno ed a questo pensavo davanti a quel caffè: a tutti coloro i quali non si sono mai schierati.

E proprio in questi giorni un'altra scusa al ritardo è stata trovata: il Durc, il documento (certificazioni fiscali, contributive...) che viene chiesto alle imprese prima di affidare loro lavori in base a gare d'appalto pubbliche. Ora si richiede via Internet ed a quanto pare la colpa è proprio della rete, della lentezza della burocrazia italiana che in qualche modo riesce ad ingolfare persino macchine velocissime che per loro natura lavorano 24 ore su 24. Ma per favore. L'azienda per cui lavoro produce spesso questo documento e lo fa nel giro di pochi minuti.

E poi ritardo di cosa? Lavori in ritardo significa che tutto sommato sono partiti ma che ci vorrà più tempo del previsto: qui nulla è partito e tutto è fermo con le quattro frecce come direbbe il ciclista di Striscia la Notizia.

E non si dica che la responsabilità è dei soliti meridionali che aspettano la manna dal cielo, l'assistenzialismo dovuto e preteso; non si citino, e basta!, i famosi condominii di Gemona ricostruiti in un batter d'occhio perché qui non si tratta di poche palazzine ma del tessuto urbano di un'intera parte di una città, un capoluogo di provincia, di regione, il solo tratto da me percorso possiede più palazzine disastrate che l'intero complesso di quelle friulane del 1976.

Poco più di un anno fa scrivevo che l'Aquila muore, che l'Aquila è morta. Devo tragicamente correggere il tiro. Prima di morire sarà stata anche stuprata.