venerdì 31 agosto 2012

Auschwitz

Così come anni fa passando da Monaco sentimmo doveroso recarci a Dachau quest’anno, prima di arrivare a Cracovia io e mia moglie abbiamo sentito altrettanto dovuto e doveroso recarci ad Auschwitz.

Personalmente non ho bisogno di certe cose per esprimere quel che dovrebbe essere il giudizio di ogni essere umano degno di questo nome nei confronti di quel che, certamente non unico né più vasto esempio di genocidio, ma certamente il più cruento se si pensa a quanto fu concentrato nel tempo e nello spazio. Nel solo lager di Auschwitz trovarono la morte circa 1.200.000 individui tra ebrei, zingari, prigionieri politici e di guerra, disabili, malati nella mente e nel corpo ed altri ancora.

Ma pur non avendo bisogno non riesco a fare a meno di riempirmi la mente di testimonianze, immagini, ricordi e letture su quanto accadde allora e poter anche solo respirare l’aria di quei luoghi lo sento necessario.

Una cosa in particolare mi ha profondamente colpito ed emozionato.

In una delle ex baracche in muratura (il campo di Auschwitz ed il vicino Birkenau erano un ex caserma dell’esercito polacco) ognuna di esse adibita a memoriale di argomenti vari erano raccolti, con una agghiacciante semplicità, in stanze diverse e protetti da una vetrata, decine di migliaia di montature di occhiali, pennelli e rasoi da barba, pettini e spazzole, utensili da cucina e posate, protesi artificiali, penne e matite e tanti altri oggetti che venivano sequestrati od asportati non appena i deportati entravano nel campo e subivano la prima selezione.

Ora mi chiedevo e chiedo ai revisionisti del cazzo a cui ancora viene data voce e che asseriscono che fu tutta una montatura.

Come se non bastassero le migliaia di fotografie, gli archivi ufficiali tedeschi di allora, le migliaia di ore di documentari raccolte dagli eserciti alleati o da quello sovietico, come non bastassero le testimonianze…come spiegano le stanze che io stesso ho visto e le cataste di quelle cose? Un’accurata ricostruzione di un folle collezionista? …

P1100969

Poi coi secchi di vernice…

…coloriamo tutti i muri, case, vicoli e palazzi, perché lei ama i colori… cantava Riccardo Cocciante in “Margherita” tanto tempo fa.

Di ritorno da un viaggio che mi ha portato a Budapest, Cracovia, Varsavia, Praga e Bratislava ho potuto osservare quanto il mio amico Jestercap ci raccontava di persona tanto tempo fa a proposito dell’iniziativa cromatica albanese…

Ebbene in tutte le città visitate ed anche in quelle minori incontrate sulla strada spostandosi ad esempio da Budapest a Cracovia, e poi verso Varsavia, o sulla statale baltica verso Praga ho potuto osservare come l’idea di abbellire con colori i grigi e tristi palazzoni della tipica edilizia sovietica delle periferie o comunque delle zone proletarie ed operaie di quelle città siano stati rinnovati esteticamente con interventi dai toni forti…soprattutto quelli pastello! :-)

E così marcapiano, intere facciate, geometrie lineari e piane ravvivate o reinventate in uno sfolgorare di verdi, rossi, gialli ed arancioni! Magari non ai livelli esagerati di Tirana ma comunque efficaci nell’aver cercato ed ottenuto il risultato cercato.

Dopo tutto meglio questo che l’anonimo grigio in anonime squallide facciate e soprattutto molto più economico che radere al suolo e rifare: anche perché di interi quartieri rasi al suolo in nome del nuovo ordine sovietico, dei tentativi di fare città giardino modello (Cracovia o Varsavia ad esempio) credo ne abbiano avuto abbastanza.

Un esempio? La foto qui mostra parte del viale e del Novi Most (ponte nuovo) costruito alla fine degli anni ‘60 a Bratislava per collegare le due parti della città e che portava verso il “quartiere modello”. Per fare il viale ed il ponte non esitarono a radere al suolo l’antico ghetto, sinagoga compresa(*) e dalla foto potete vedere sulla sinistra quel che resta delle vecchie case abbandonate a loro stesse.

E se si colorassero Corviale? Torrevecchia? Tor Bella Monaca? …

P1120108

Va detto che il ponte comunque (lo potete vedere nelle altre foto) presenta una soluzione ingegneristicamente ed architettonicamente molto bella, con i tiranti asimmetrici e la costruzione a forma di UFO che la sovrasta.

(*) da capire come mai invece l’adiacente chiesa –se ne vede il campanile- non fu toccata…

mercoledì 29 agosto 2012

La voce del tabaccaio

131026

Questo tipo di voce? Imbavagliamoli!

Stamattina ero da un cliente che per motivi che non sto a spiegare ha a che fare con la categoria dei tabaccai. Mentre attendevo in sala d’attesa tra le tante riviste mi ha subito colpito “La voce del Tabaccaio” in edicola fino dal 1903!!!

E sulla copertina oltre ai messaggi sul ruolo essenziale delle tabaccherie come centro servizi, il successone del pagamento IMU ai loro sportelli ho trovato una cosa vergognosa a dir poco (e comunque sui pagamenti peccato che quasi nessuno di loro accetti il bancomat e si dovrebbe girare con centinaia di € al seguito per pagare oltre l’IMU ad esempio le bollette di molte utenze domestiche).

Sulla copertina si rimandava alla rubrica in ultima pagina “Fumo e…non solo” ed incuriosito sono andato a leggere.

Non lasciatevi ingannare dalla foto quasi ad indicare una sorta di crisi da obiettore di coscienza da parte della categoria…

Due trafiletti ma dai contenuti oltraggiosi per il buon senso e…per la salute. Vediamoli.

«ARSENICO, ESCREMENTI E PIOMBO NELLE SIGARETTE DI CONTRABBANDO» - titola il primo e riporta i risultati di un’indagine condotta in Gran Bretagna. Ora non so i contrabbandieri inglesi (a bordo di scafi che traversano La Manica contrabbandando dalla Francia?) ma da ragazzo ho conosciuto parecchi contrabbandieri con i loro entrobordo da 400 HP tutti dipinti di blu notte, parabrezza compreso: frequentavo in vacanza un piccolo paesino di mare in Puglia ad un tiro di schioppo dall’Albania. Che ci siano sigarette contraffatte nel contenuto è fuori dubbio ma è un fenomeno limitatissimo e poco conveniente agli stessi contrabbandieri dacché il fumatore sa benissimo la differenza che passa tra l’avvelenarsi inconsciamente con una sigaretta buona e consciamente con una adulterata. Le sigarette di contrabbando esistono per eludere il dazio imposto dai Monopoli di Stato, enti anacronistici che ancora prosperano in Italia a danno e scapito della pelle dei loro cittadini ed in evidente conflitto di interesse col Ministero della Salute! E se mia zia e non solo ai tempi sfoggiava pacchetti delle famose Marlboro morbide con la fascetta blu U.S.A. era solo…per risparmiare parecchi soldi mantenendo lo stesso livello di avvelenamento! Io stesso, allora fumatore, potendo risparmiare non esitavo ad acquistarle direttamente alla fonte.

Il messaggio mica tanto subliminale del primo articolo è quindi: coniando una sorta di ossimoro lo stato ci dice che con la scusa di tutelare la nostra non si devono comprare sigarette di contrabbando perché fanno malissimo!…Su quelle che vi (mi escludo a questo punto) vendono ci sono gli avvisi…Vergogna!

«L’ADDIO ALLE ‘BIONDE’ NUOCE ALLA LINEA: 5 o 10 KG IN PIU’» – questo il titolo del secondo trafiletto a destra. Ancora più vergognoso! Il succo del messaggio è che smettere di fumare fa male perché fa ingrassare. E’ come se lo dicesse e la frase d’esordio “c’è chi l’ha pagata davvero cara con 10 kg d’aumento…” la dice lunga. Io stesso quando ho smesso sono aumentato di circa 5 kg (*) ma è sufficiente una corretta autoregolazione, magari un po’ di dieta e di movimento per riperdere questi kg in più. E poi che diavolo! Meglio un po’ di ciccia che fumare! Insomma non occorre molta fantasia per recepire l’intento criminoso del messaggio. Un fumatore intenzionato a smettere (lo sono tutti!) e che già ha in testa tremila ansie spesso ingiustificate di cosa succederà, ce la farò? con un messaggio del genere rinuncia ancora o quanto meno rinvia. Con salvaguardia ancora una volta dell’erario! Tripla vergona!!!

PS) in un’altra occasione ho avuto modo di scrivere che ogni anno ci fracassano gli attributi con quattro sfigati morti d’overdose e se ne fregano altamente delle decine di migliaia di decessi che ogni anno fa il tabagismo.

(*) Spiegazione scientifica che fornisco io, visto che “i tabaccai” non lo sanno o non vogliono farlo sapere. Il metabolismo del fumatore ha un ritmo mediamente più alto rispetto a quello di chi non fuma e ciò perché l’organismo cerca di liberarsi in autonomia del veleno che viene immesso. Smettendo di fumare il ritmo metabolico cala notevolmente e continuando per ovvi motivi ad alimentarsi nello stesso modo si ingrassa. Se a questo aggiungiamo che l’astinenza da nicotina nel periodo iniziale di circa 2-3 settimane provoca una sensazione di fame è facile mangiare anche un po’ di più subito dopo aver smesso. Dopo 2-3 settimane non c’è più traccia di nicotina nel sangue e restano le costrizioni psicologiche.

venerdì 24 agosto 2012

Dei delitti e delle pene

21:77=1:X, X=0,26. Insomma in Norvegia se ammazzo 1 persona mi faccio solo 0,26 anni di carcere. Qualche mese…

Complimenti per la rapidità (*) con la quale sono arrivati alla sentenza ma la pena commutata personalmente la ritengo ridicola soprattutto considerando le dichiarazioni date dall’omicida e l’età che avrà quando uscirà (**)

Chissà se Cesare Beccaria si sarebbe rimesso al lavoro potendo premonire quanto è successo oggi ad Oslo che ha commutato la ridicola pena di 21 anni di detenzione a Anders Behring Breivik. Nel 1764 il nostro infatti scriveva, attualissimo:

La gravezza del peccato dipende dall'imperscrutabile malizia del cuore. Questa da essere finiti non può senza rivelazione sapersi. Come dunque da questa si prenderà norma per punire i delitti? Potrebbono in questo caso gli uomini punire quanto Iddio perdona, e perdonare quanto Iddio punisce.

Senza tirare in ballo il concetto molto particolare del perdono sempre possibile, concetto molto cattolico e fin troppo cristiano che rende perdonabili le azioni più esecrabili alla luce del quale persino Mengele sarebbe stato assolvibile e meritevole del paradiso…

Le precedenti riflessioni mi danno il diritto di asserire che l'unica vera misura dei delitti è il danno fatto alla nazione, e però errano coloro che credettero vera misura dei delitti l'intenzione di chi gli commette. Questa dipende dalla impressione attuale degli oggetti e dalla precedente disposizione della mente

i giudici norvegesi hanno probabilmente ritenuto il danno sociale minimo o meglio massimo applicando il loro massimo della pena. Certo non si pretende che possano essere variate tout court le leggi norvegesi attuali che prevedono 21 anni di carcere come massimo ma il dubbio è legittimo e oltre all’opinione pubblica mondiale se lo stanno ponendo gli stessi giudici.

E mi si dice che le prigioni norvegesi sono quanto di più moderno ed umano esista al mondo…

Al prossimo che dice che ai carcerati je danno puro er televisore senza sapere le reali condizioni di vita all’interno di una qualunque sovraffollatissima prigione nostrana sarà mia cura ricordare che in Norvegia c’è uno che ha ammazzato 77 ragazzi e avrà 21 anni di vita conventuale a disposizione per scrivere qualche mein kampf del cazzo che servirà a generare tanti altri Breivik; con carta, penna & calamaio pagati dai contribuenti norvegesi.

Che amarezza…

 

(*) da queste parti siamo invece abituati ad aspettare 38 anni per avere poi nessun colpevole, e quello citato è solo un esempio tra i tanti.

(**) sempre che esca vista la possibilità non tanto remota che qualche detenuto faccia giustizia

lunedì 13 agosto 2012

Pepenadores

Possiamo incontrarli anche noi, senza arrivare né in Messico dove il termine è nato decine di anni fa, né in altri paesi del Sudamerica quali il Brasile o l’Argentina dove il fenomeno ha dimensioni enormi.

Li possiamo incontrare pressoché a qualsiasi ora del giorno, e spesso della notte. Accompagnati dal cigolio dei loro carrelli rubati a chissà quale supermercato e dal rumore che fanno quando rovistano nei cassonetti della spazzatura armati del loro preziosissimo attrezzo che a volte è un professionale ferro ritorto in punta e più spesso è una misera stampella da lavanderia…e rovistano, estraggono, censiscono e vagliano la spazzatura lasciando il più delle volte l’area intorno cosparsa di rifiuti che per loro sono lo scarto dei nostri scarti; così come certi animali mangiano i loro stessi escrementi a recuperare la molecola perduta salvo poi vomitarne una parte…

A volte soli più spesso in coppia con una netta gerarchia capo-operaio formata da coppie donna-ragazza o uomo-donna. Più spesso di etnia rom (più noti come “zingari”) ma a volte anche cingalesi o magrebini.

Raccolgono e riciclano metalli tra cui il preziosissimo alluminio e il raro rame quando non lo rubino direttamente dalle cabine elettriche restando spesso folgorati; stoffe, pellami, vestiti, plastica, vetro, elettrodomestici d’ogni tipo e dimensione affidati ai marciapiedi accanto ai cassonetti anziché ai centri di raccolta appositamente istituiti (ma si sa, costa troppa fatica caricare il vecchio televisore in macchina…o peggio pagare l’apposito bollettino per fare ritiro a domicilio). E chissà quale e quanto altro materiale.

E se hanno preso a farlo evidentemente è loro conveniente dando loro un sicuro ritorno economico sotto forma di baratto o pagamento in denaro contante.

Da ragazzo ho partecipato spesso a campagne di raccolta della carta che la parrocchia organizzava mandando in giro stormi di adolescenti a rovistare nelle cantine di tante famiglie d’ogni ceto che sicuramente avevano decine di kg di giornali e riviste; chissà perché conservate?…Forse ancora gravate dal peso dei ricordi degli improvvisati ricoveri antiaerei con gli scantinati ricolmi di pile di giornali a rinforzarne i soffitti, tanto da lasciare solo angusti corridoi dove rifugiarsi.

Fatto sta che si raccoglievano tonnellate di carta che il don di turno provvedeva a vendere ricavandone qualcosa magari per finanziare il campo estivo o da devolvere in beneficienza.

Ma mi chiedo ripensando a quanto non vedevo allora e tanto meno fino a pochi anni fa: perché il fenomeno di questi riciclatori è riapparso da non molto tempo? Dov’erano visto che in Italia il frequentare direttamente le discariche è un fenomeno raro e laddove esista viene sottoposto a rigide regole di racket dello sfruttamento della miseria?

Consumiamo troppo? Sicuramente, ma altrettanto sicuramente sprechiamo troppo in questo meccanismo economico assurdo della società dei consumi in cui vige la legge del costa meno cambiare che riparare

Se non possiamo andare alla fonte l’unico argine possibile è incrementare sempre più fortemente la raccolta differenziata che a Roma è inesistente soprattutto nelle zone periferiche: almeno i pepenadores nostrani sapranno che è inutile rovistare a casaccio e si concentreranno solo sui cassonetti appositi senza trovarsi costretti, porelli, a lasciare un gran casino attorno!

Ironia a parte la loro lezione è che il riciclo è economicamente vantaggioso, comunque tanto che la Cina stessa che per decenni ha appestato sé stessa ed il mondo ora sta puntando tutto sul green e sul riciclo al 90%.

E per i soliti borghesucci che si scandalizzano al passaggio di questi emarginati che cercano di sbarcare il lunario ricordo che nell’immediato dopo guerra e fino a quasi tutti gli anni ‘50 l’Italia straripava di stracciaroli, gente che girava per discariche a raccogliere tutto il riciclabile generando una vera e propria catena economica a sostegno di decine di migliaia di famiglie!

Io non mi scandalizzo. Semmai mi incazzo di brutto quando vedo quel che lasciano a terra al loro passaggio che altro non fa che aggravare la penuria di cassonetti, il loro uso maldestro e la scarsità di mezzi e uomini a disposizione delle aziende di raccolta.

domenica 12 agosto 2012

Giochi olimpici da Luna Park

!BtI0-oQBGk~$(KGrHqUH-D8Ev,2DEEBOBL6tbC2gkg~~_35Quasi leggendomi nel pensiero il mio amico Jestercap sul suo blog ha messo in evidenza uno degli aspetti su cui mi sono trovato a ragionare in questi giorni di competizioni olimpiche con immagini rubate qua e là. Ma a prescindere da quanto è stato scritto le mie considerazioni sono altre.

Quando penso al tiro con l’arco penso ai formidabili Unni che hanno sgominato gli eserciti più preparati del mondo proprio grazie all’abilità dei loro arcieri che cavalcando a briglie sciolte riuscivano a tirare e far centro persino voltandosi nella direzione opposta a quella della galoppata o penso ai mitici Sioux che sconfissero Custer e C a Little Big Horn (*)

Quando penso al tiro con arma da fuoco, pistola o carabina che sia penso ai duelli d’altro tempo, ai tiratori scelti che ogni esercito ha avuto, tipo quello che il film “Il nemico alle porte” ha raccontato e persino al custode della scuola di agraria dove insegnava mio zio e che da bambino accompagnavo a caccia!

E per quanto riguarda le armi da fuoco, non potendo considerare anche l’arco come arma contemporanea, soprattutto penso a come queste sono fatte nella realtà nell’uso più o meno comune.

Ebbene, cosa hanno a che fare le carabine o le pistole olimpiche con quelle precedentemente citate? Assolutamente nulla.

Qualcuno osserverà che anche le moto e le auto da competizione hanno ben poco a che fare con quelle di uso comune ma il paragone che possa giustificare la presenza di discipline come il tiro con l’arco o con la carabina tra gli sport eleggibili come olimpionici secondo me non regge.

Non si tratta ovviamente di tecnologie diverse ma soprattutto di quanto c’è dietro la preparazione di un atleta di qualsiasi altra competizione e questi che infatti sono spesso anche panciuti come un commendatore d’altri tempi.

Anche per far centro occorrono decine di ore a settimana di allenamento? Concentrazione? Impegno psicologico notevole? Ebbene?

E allora introduciamo anche il tiro con le freccette con Andy Capp presidente onorario, le bocce (qualcuno lo aveva proposto anni fa) e perché no, gli scacchi!

Ed a tutto questo aggiungo i miei due centesimi. Durante il servizio militare ebbi l’occasione di imbracciare per la prima volta un fucile (anche un buon fucile tutto sommato) e fui condotto al poligono come tutti. La prima volta? 8 centri su 10 con bersaglio a 50 metri e la seconda 7 su 10 con bersaglio a 100 metri. Fortuna del principiante? …

(*) a proposito, proprio di questi giorni è una curiosa notizia.

San Gennaro fallisce ancora

supercoppa italiana 2012 juventus napoli espulsioniNon molto tempo fa in un bar di Napoli sotto la statuina del famoso santo partenopeo ho letto: “San Gennaro, l’unico miracolo che non riusciresti mai a fare è trasformare gli juventini in esseri umani

Fin da ragazzino non ho mai amato particolarmente il calcio, non sono un tifoso e lo seguo molto poco, quasi per niente, pur riconoscendo che si tratta di uno sport molto bello anche a vedersi. Ecco appunto: lo sarebbe se quanto si vede in Italia fosse calcio…

Non entro nel merito di arbitraggi sconsiderati, punizioni ed espulsioni inesistenti (*) ma quanto è successo ieri a Pechino nella finale di Supercoppa Italiana tra Napoli e Juventus è emblematico e preoccupante. Di fronte a più di centomila cinesi che hanno già parecchie perplessità sul modus vivendi occidentale abbiamo fatto, proprio come direbbero a Napoli ‘na figur‘e mmierd… e tra quei cinesi chissà quanti possibili investitori potenziali.

Quanto si è visto, al di là dei numeri e di certi commentatori entusiasti della partita, è solo l’aspetto materiale e grossolano del nostro calcio ed anche se esistono parecchi precedenti a cominciare dalla sfida USA-URSS di basket di Monaco 1972 il fatto che la squadra perdente non si sia presentata alla cerimonia di premiazione non ha fatto altro che rendere la brutta figura anche offensiva nei confronti del paese ospitante assolutamente non responsabile.

(*) per quanto ho potuto leggere e vedere e per una atavica antipatia nei confronti delle maggioranze statistiche –la Juventus è la squadra più tifata d’Italia- le mie simpatie vanno decisamente al Napoli salvo scoprire da qui a qualche anno che s’erano venduti la partita.