lunedì 27 gennaio 2014

27 gennaio

P1100969La brutalità, sui campi di battaglia od in ambiti collaterali alle guerre, non è stata monopolio dei tedeschi. La guerra è brutale. Ci sono testimonianze di episodi di brutalità e crudeltà gratuite che interessano tutti i tempi e tutti gli eserciti ma sulla base dei dati di fatto ci sono differenze sostanziali da non trascurare.

Di stermini ce ne sono stati e se è per questo anche più cruenti e numerosi di quello relativo ma niente fu mai così concentrato nel tempo e nello spazio come quello effettuato dalla Germania nazista con meticolosa sistematicità ed iniziato fin dai primi anni trenta con la deportazione sistematica di "diversi" (omosessuali, zingari, malati di mente, bambini handicappati fisici o mentali sottratti ai genitori illusi che venissero affidati alle cure di specialisti) e finito con la tristemente famosa "soluzione finale".

Non è lecito separare la politica interna dei tedeschi durante la seconda guerra mondiale da quella estera e concludere che i campi di sterminio ed i centri di tortura erano aberrazioni che niente avevano a che fare con la Wehrmacht, l’esercito regolare, col regime e con i milioni di persone che, con evidente entusiasmo, approvarono e sostennero l’impresa dall'inizio alla fine.

Preso atto che di solito in guerra tutte le parti possono commettere delle atrocità (e ne commettono) resta pur sempre vero che i tedeschi furono dei pionieri veri e propri nel campo dello sterminio su scala industriale; furono i primi a costruire stabilimenti appositamente a quello scopo, a deportare in massa uomini, donne e bambini e trasformarli, almeno in certi campi, non solo in ossa e cenere, ma in prodotti secondari utilizzabili (sapone, pelle, oro reclamizzato per protesi dentarie ecc).

La principale differenza tra la Germania nazista e gli altri paesi consistette nell'accuratezza burocratica e nella mancanza di ipocrisia della prima; invece di voltare la testa dall'altra parte, i tedeschi presero atto della loro disumanità e la sistematizzarono, provocando così l’orrore e l’unanime condanna del mondo intero.

La conseguenza primaria non fu tuttavia morale bensì pratica. La semplice forza della paura che ispiravano spinse paesi naturalmente ostili tra loro, la Russia e le altre democrazie, ad unirsi in una formidabile alleanza per contrastarli; così invece di combattere su di un solo fronte, come avevano voluto, si trovarono a combattere su tre. E persero. Per fortuna.

domenica 12 gennaio 2014

Il teorema dell’aborigeno

TEOREMA ABORIGENO

La distanza genera credulità, che quanto più un evento è lontano nello spazio tanto più ciecamente gli uomini tendono a prendere per buona qualsiasi cosa si racconti su di esso.

Questo aspetto, legato allo spazio, per estensione è facilmente riportabile anche a distanze nel tempo o nel divario conoscitivo tra un individuo e l’altro o più genericamente tra l’individuo e la conoscenza come antitesi all’ignoranza stessa.

Distanze queste molto spesso ancora più insormontabili che non quelle geografiche: un ignorante può senza dubbio riuscire ad organizzarsi per un viaggio transoceanico a visitare popoli della Melanesia ma sempre ignorante resta. Si pensi, ancora a semplice esempio, alle leggende ed alle mitologie, religioni comprese, tramandate per secoli e millenni a cui ancora la maggioranza crede od alla profonda ignoranza per cui ancora così tanti credono alle intercessioni di santi, patroni, maghi e guaritori o, per associazione di idee passando dal patrono al patronum ed i suoi clientes di romana memoria alla ingenuità con cui la maggioranza si beve le cazzate dei politici.

Il fatto fondamentale sembra essere che i mezzi di comunicazione non hanno affatto annullato lo spazio, nel senso di consentire al genere umano di riflettere in modo razionale su avvenimenti lontani: anzi, è vero il contrario.

Da quasi un secolo grazie a radio, televisione e stampa e da qualche decennio grazie da Internet oggi ci si fanno idee assurdamente errate su popoli, tradizioni, usanze e governi di cui un tempo si ignorava del tutto l'esistenza e dilagano incompetenza, ignoranza di ritorno e supponenza nel saper tutto di tutto soltanto perché lo si è letto in Internet creando un popolo di esperti; letto su Internet velocemente e spesso soffermandosi sulle figure proprio come i ragazzini pigri (e futuri ignoranti) guardano solo le figure dei fumetti che leggevano.

Insomma. Corrado Guzzanti tanti anni fa indirettamente aveva colto il senso completo di questo dato fondamentale col suo, da me ribattezzato or ora, teorema dell’aborigeno. E passando dal particolare al generale come ogni buon teorema che voglia esser parte d’una teoria, direi che il senso finale è questo: la maggioranza è aborigena e la conoscenza non avrà mai nulla da dir loro affinché possano assorbirne anche una minima parte.

Corrado Guzzanti–Aborigeno, anni 90

Una botta di culo…

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Premessa storica.

Dopo il terremoto dell’Irpina del 23 novembre 1980 per rilanciare 20 zone industriali tra Campania e Basilicata vennero stanziati 7.762 miliardi di lire (circa 8 miliardi di € del 2010). Il costo finale fu dodici volte superiore al previsto in provincia di Avellino e diciassette volte in provincia di Salerno. Secondo la relazione finale della Corte dei Conti, i costi per le infrastrutture crebbero fino a punte «di circa 27 volte rispetto a quelli previsti nelle convenzioni originarie». Il 48,5% delle concessioni industriali (146 casi) venne revocato. La Corte dei Conti accusa «la superficialità degli accertamenti e l'assenza di idonee verifiche», approvate senza «adeguatamente ponderare situazioni imprenditoriali già fragili e già originariamente minate per scarsa professionalità o nelle quali la sopravvalutazione dell'investimento, in relazione alle capacità imprenditoriali, ha portato al fallimento dell'iniziativa». Nel 2000, 76 aziende risultavano già fallite, ma solo una piccola parte dei contributi (il 21% nella provincia di Salerno) era stato recuperato. Io stesso ho visto decine di vecchie stalle abbandonate, spesso a decine di km dalla zona sismica, trasformate in lussuose ville grazie ai fondi ricevuti.

Molte altre volte (qui, qui e ancora qui ad esempio), fin dall’inizio della vicenda, ho parlato del terremoto de L’Aquila 6 aprile 2009 e l’ho fatto anche per parlare di sismologia, di geologia, di rischio e di prevenzione nel nostro paese. Paese in cui, nonostante l’ingresso nell’era moderna, nessun governante ha mai capito veramente cosa voglia dire vivere e produrre in una delle zone tra le più sismiche nel mondo e con un territorio in cui le zone veramente prive di sismicità si contano in punta di dita.

E la città abruzzese presa, non solo per la sua bellezza così adagiata sotto il gigantesco massiccio del Gran Sasso, ad esempio della miopia, dell’inettitudine, dell’incompetenza e della macroscopica imbecillità di chi potrebbe manovrare le giuste leve per fare davvero prevenzione visto che, lo ribadisco, la previsione non è percorribile; anche lo fosse comporterebbe comunque piani ben coordinati di gestione dell’emergenza, come nel caso delle zone vulcaniche (Vesuvio ed Etna tra i tanti) che, ancora una volta in Italia, sono inesistenti.

E così oltre all’assoluta mancanza di competenze e dopo aver assistito anno dopo anno alla morte della città, dove tutto è fermo fin dal 6 aprile 2009, dove nulla è stato fatto, e basta passare per i 2 km scarsi di via XX settembre per rendersi conto della stasi, ancora una volta assistiamo a quanto già visto in altre occasioni, a quei terribili e nauseanti deja vu del malaffare, della speculazione a danno degli innocenti, degli onesti e di chi ha perso da qualcosa a tutto.

E dopo aver scoperto nel 2010 che un paio di sciacalli alle 3.32 di quella notte ridevano, le proteste degli aquilani e le manganellate date loro per aver osato protestare, sembrava aver toccato il fondo. Ma al peggio non c’è mai fine si dice e così a distanza di quasi 4 anni si scopre che nulla è cambiato rispetto agli stessi metodi che in tanti altri disastri nazionali sono stati la normalità. La corruzione fatta sistema dopo aver definito il terremoto un colpo di culo, un’occasione d’oro per mettere le mani sui milioni di euro che sarebbero arrivati.

Mani sulle gare d’appalto per lavori di ricostruzione mai iniziati, tangenti su milioni di euro versati per innalzare recinzioni di plastica e sulla carta chiamarle cantieri, sulla costruzione delle famose unità abitative ultra moderne fatte realizzare da Berlusconi e dalle sue imprese in tempi record senza però avvisare gli occupanti che passata l’emergenza avrebbero dovuto comprarsele! E pur se l’emergenza non sembra aver fine le richieste di soldi sono già arrivate costringendo centinaia di famiglie a tornare nei container o ad arrangiarsi in proprio.

Eppure sembrerebbe che molto sia stato già fatto ed io stesso su queste pagine ho messo in evidenza come non tutto è ripristinabile esattamente com’era, che non tutti i campanili od i palazzi storici devono necessariamente avere finanziamenti se non alla fine, se proprio avanzano soldi: ci sono insomma priorità evidenti. Ma in tutto questo quanto altro ancora si sarebbe potuto fare senza il malaffare sistematico?

Inutile fare gli esempi noti del Giappone che dopo il terremoto di Kobe del 1995 scoprì che c’era stato malaffare e corruzione nella costruzione dei manufatti che non sarebbero dovuti crollare e mise in galera centinaia di amministratori pubblici ed imprenditori privati; ed a nulla servirebbe ricordare ancora una volta lo stesso paese che nel giro di pochi mesi rimise in sesto tutte le infrastrutture dopo il devastante tsunami del 2011.

Dal terremoto dell’Irpina sono passati poco più di 30 anni, nel frattempo sono cadute repubbliche e cambiate intere classi dirigenti e scuole di pensiero. Ma in questi casi ancora una volta il risultato sembra il medesimo a ricordarci che non sono criminalità e malaffare a creare cattivi amministratori ma è la cattiva amministrazione che attira come mosche il miele criminali e delinquenti. Nulla è cambiato ed anzi è peggiorato: si è passati dai pochi grandi burattinai che hanno fatto soldi a danno della maggioranza spartendosi ricche torte di denaro pubblico tra pochi eletti all’interno della casta ad un sistema generalizzato e diffuso dove anche l’ultimo degli uscieri comunali vuole averne parte, dove, per dirla alla Fiorito, rubbaveno tutti.

Effetto di una connivenza tutta italiana con situazioni che nascono e fioriscono dalla e con l’ignoranza: l’ignoranza, l’incompetenza e l’ignavia dantesca della stragrande maggioranza dei nostri concittadini che non hanno mai letto un libro, che l’unica cultura che ricevono è quella televisiva e che persino chi legge almeno un quotidiano ogni tanto ignora che quell’informazione è controllata e manipolata tanto da relegarci parecchio in fondo nella classifica del grado di libertà di stampa.

Un paese di ignoranti, stupidi e furbetti pronti ad approfittare di un qualsiasi vantaggio personale a scapito di chiunque sia fuori della cerchia di amici e parenti in milioni di microcosmi egoisti ed isolati che pretendono di chiamare società. La gran parte degli italiani esattamente com’era fascista la (gran parte(gran parte(gran parte(…)))) fino all’aprile del 1945 salvo sparire nel nulla fin dal mese successivo.

E tutto a breve sarà di nuovo dimenticato…beata ignoranza diceva qualcuno sapendo che così avrebbe aumentato il controllo.

E L’Aquila? L’Aquila in tutto ciò è solo un numero di morti, in questo caso piccolo, ed un numero, parecchio più grande, che indica cittadini noti solo alla statistica dei censimenti.