lunedì 26 ottobre 2015

26 ottobre 1860-Falso d’Autore

Teano

26 ottobre 1860. Un falso storico, magari d'autore ma sempre falso rimane.

L'incontro che non avvenne mai. Non sicuramente a Teano, non sicuramente in tal modo. Al massimo una rapida stretta di mano ed uno scambio di sguardi sospettosi.
E false le testimonianze rese dai cosiddetti testimoni oculari. Qualcuno crede ancora che avvenne dove ora c'è l'autogrill dell'autostrada perché c'è tanto di mosaico a ricordare l'incontro. I più accorti invece sanno che c'è un cartello di lamiera sbiadito verso Caianello che recita, a lettere piccole, "luogo dello storico incontro" ma a parte un cancelletto di ferro che delimita uno sterrato piccolo dove c'è una colonna in cemento su quattro gradini non c'è altro. Però la fiera del paese si chiama "tricolore" e c'è ovviamente piazza Garibaldi; "l'incontro" è il nome di un caseificio locale.

"Saluto il primo tre d'Italia"
"Ed io saluto il mio migliore amico"
Ma quando mai?

Si incontrarono a Vairano, pochi chilometri in linea d'aria, dove Garibaldi aveva dormito in una locanda. La mattina del 26 ottobre 1860 invece di partire aspettò il re.

"Majesté, je vous remets l'Italia" maestà vi portò l'Italia, glielo disse in francese perché lui era di Nizza.
E il re pare non andò oltre uno stringato "Grazie".

Soldati garibaldini e truppe piemontesi non fraternizzarono affatto separandosi in due file distinte con qualche villico che gridava "Viva Galibardo" ma guardava Vittorio Emanuele II convinto che il più popolare dovesse essere anche il meglio vestito.

Garibaldi invitò il re ad assaltare le ultime posizioni borboniche ma questi rifiutò dicendo che i patrioti, i garibaldini, avevano bisogno di riposo; in realtà si voleva prendere il merito di un paio di scaramucce a buon mercato.

Il re invitò Garibaldi a colazione ma questi declinò l'invito salvo fermarsi poi da solo con i suoi a mangiare pane.

Si organizzò una parata però riservata ai soli ufficiali e quelli garibaldini si rifiutarono di andare senza i loro uomini.

I Savoia bombardarono inutilmente Capua e fecero più vittime tra i civili che tra le truppe borboniche.

I volontari garibaldini vennero sciolti: potevano entrare nell'esercito nazionale od essere congedati con un mese di soldo. Stessa cosa per gli ufficiali ma con sei mesi di paga in caso di congedo ma solo dopo che una commissione apposita ne avesse valutato i meriti per mezzo dello "spurgo": un'ingiuria per quei valorosi.

Gli ufficiali Savoia ritenevano che gli ufficiali delle "camicie rosse" avessero fatto carriera troppo in fretta e senza la necessaria anzianità. Fatto sta che i graduati passarono da 7000 a 2000 e pochissimi conservarono i gradi.

Però contemporaneamente senza attenzione né esami o controlli entrarono nei ranghi dello Stato Maggiore dei Savoia la maggior parte degli ex combattenti borbonici, come riconoscimento per il loro contributo fondamentale alla causa dell'unità nazionale quando, invece di combattere
scappavano, spesso dopo essere stati corrotti.

Era iniziato il governo piemontese.

Benedetto Cairoli ebbe a dire che i sudditi di Ferdinando II avrebbero voluto partecipare attivamente e di buon grado alla nascita della nazione Italia e non già ritrovarsi vittime di un regno antiquato, burocraticizzato ed arretrato come quello Savoia: malcontento talmente diffuso da preferir loro gli austriaci!