domenica 23 marzo 2014

A forza di calci…

Oggi un essere umano vive in due mondi. Il proprio e quello globale. Un essere umano immigrato vive in tre mondi perché ai primi due occorre aggiungere quello del paese d’origine. E sia gli uni che gli altri vivono spesso in nazioni talmente varie che non è difficile trovare qualcosa come 90 lingue diverse nelle scuole elementari di Londra ed almeno una trentina se non di più in quelle di Roma o di Milano.

La multiculturalità va riconosciuta al pari dell’accettazione dell’immigrazione, volenti o nolenti, poiché maggiore è il divario tra le terre in cui si gode di pace e ricchezza inimmaginabili e quelle povere, tanto più vasti sono i flussi di esseri umani che passano dalle une alle altre e la globalizzazione rende noto dappertutto che esistono paesi le cui strade, si diceva un tempo, sono lastricate d’oro.

Ma questo nuovo pianeta così complesso, globalizzato e multidimensionale, che si muove e si combina di continuo, reca con sé la speranza di una fraternizzazione umana, da cui la nostra epoca xenofoba pare così lontana?

Come sapete sull’argomento sono abbastanza fiducioso e pur non amando il calcio particolarmente ho trovato molto interessanti e più che condivisibili le considerazioni di Eric Hobsbawm in “La fine della cultura” che raccoglie una serie di interventi in proposito.

Lo storico inglese afferma di non avere la risposta alla domanda ma pur non potendo ovviamente prevederlo trova proprio nella storia un valido aiuto, se non a predire il futuro, a riconoscere ciò che è storicamente nuovo nel presente – e dunque a gettare luce sull’avvenire.

Esiste dunque speranza di fraternizzazione? Hobsbawn crede che la risposta si possa trovare nel mondo del calcio e vi riporto le sue parole integralmente (1).

Il più globale tra gli sport è al tempo stesso il più nazionale. Per la maggioranza degli esseri umani, oggi si tratta di undici giovanotti su un campo di football che incarnano «la nazione», lo Stato, il «nostro popolo», molto più di quanto non avvenga per i politici, le costituzioni e lo spiegamento di forze militari. Chiaramente, le nazionali sono composte da cittadini dei rispettivi Paesi. Ma tutti sappiamo che questi sportivi miliardari appaiono in un contesto nazionale soltanto per alcuni giorni all’anno. Nella loro principale occupazione, sono mercenari transnazionali, pagati profumatamente, che giocano quasi tutti all’estero. Le squadre di club acclamate da un pubblico nazionale sono un miscuglio eterogeneo di moltissime razze e nazioni, in altre parole di campioni provenienti da tutto il mondo. I club di maggior prestigio a volte schierano a malapena più di due o tre giocatori «indigeni». E questo è logico, anche per i tifosi razzisti, che a loro volta vogliono una squadra vincente, sebbene non sia di razza (2)”

Beata la terra che, come la Francia” prosegue Hobsbawn “si è aperta all’immigrazione e non contesta l’etnicità dei suoi concittadini. Beata la terra che è fiera di poter scegliere per la sua nazionale tra africani ed afrocaraibici, berberi, celti e figli di immigrati iberici e di europei dell’Est. Beata, non solo perché questo le ha permesso di vincere il Campionato del mondo, ma perché oggi i francesi –non gli intellettuali ed i principali oppositori del razzismo, ma le masse, che dopotutto hanno inventato e ancora incarnano la parola «sciovinismo»- hanno dichiarato che il loro miglior calciatore, figlio di musulmani immigrati dall’Algeria, Zinedine Zidane, è il «più grande francese». Questo non è certo distante dal vecchio ideale della fratellanza tra le nazioni, ma è invece ben lontano dal punto di vista dei delinquenti neonazisti in Germania e da quello del governatore della Carinzia. E se le persone non vanno giudicate per il colore della pelle, la lingua, la religione e cose del genere, bensì per il loro talento ed i risultati che ottengono, allora c’è motivo di sperare, E c’è motivo di sperare, poiché il corso della storia va nella direzione di Zidane e non in quella di Jörg Haider(3)”

 

(1) i riferimenti alla Francia dipendono dal fatto che questo intervento è del 2000.
(2) in Italia siamo riusciti a farci riconoscere anche su questo con cori razzisti indirizzati persino a membri della squadra che si va a tifare
(3) lo xenofobo nazionalista governatore della Carinzia prima citato.

sabato 8 marzo 2014

Meritocrazia un cazzo!

tesidilaureaLa meritocrazia. Questa sconosciuta.

In Italia vige ancora una legge del 1933 (!) che impedisce a chiunque stia frequentando corsi post laurea (dottorati, master, scuole di specializzazione) di accedere ad altri corsi di formazione che consentano di conseguire titoli quali abilitazioni all’insegnamento o specializzazioni in ambito scolastico. Una deroga del 2009 ammette la concomitanza solo per corsi post laurea da meno di 1500 ore e per meno di 60 crediti...in pratica nessuno!

Questa deroga poi è abbastanza ridicola ed il pensiero va subito al sospetto che si volle certo favorire qualcuno od il di lui figliolo!

Posso rendermi conto che l’impegno che la concomitanza di tali impegni di studio e frequenza possa creare non pochi problemi a chi vi accede; ma visto che non esiste nessuna legge per cui è vietato iscriversi a due corsi di laurea contemporaneamente non si capisce proprio perché questa legge sia tuttora in vigore! I concetti sono analoghi.

Sarà un problema del singolo sentirsi in grado di sostenere entrambi gli impegni o no? Oppure un problema delle università decidere che un dottorando che frequenta o produce poco a causa di altri impegni non sia degno od in grado di proseguire?

Faccio presente che i corsi da frequentare a titolo esclusivo ed incompatibili con altro non è che siccome sono erogati gratuitamente dallo Stato allora dovremmo concedere qualcosa in cambio...Macchè! Sono a pagamento (da 2500 ad oltre 4000 €) e vi si accede con una dura selezione basata su tre prove specialistiche! Lo stesso dicasi per i master o per i dottorati che, salvo pochi raccom…ops, fortunati e laddove sia prevista una borsa di studio, sono altrettanto cari e dispendiosi!

Ed i corsi di specializzazione d’indirizzo scolastico sono spesso sostenuti con ulteriori aggravi e fatiche da parte di gente che sta già lavorando come supplente o come professore di ruolo che aspira a fare qualcosa di diverso, di più gratificante.

Quindi visto che, ed addirittura di recente molti quotidiani gongolavano nel raccontare che non vale la pena studiare, una laurea non basta, un dottorato non basta, anni di sacrifici da parte degli studenti e delle loro famiglie non servono ad una beneamata, almeno che si consenta ad ogni studente di ammazzarsi di studio e di specializzazioni come meglio crede visto che lo paga, in ogni senso, di tasca propria e su base volontaria!

E soprattutto visto che un lavoro stanno provando a comprarselo!!! E cioè dato che non si trova gratuitamente e come cosa dovuta da parte di qualsiasi Stato che sia0 degno di questo nome!

Se non diamo loro neanche la possibilità di distinguersi per meriti di studio e per gli impegni e le fatiche concrete è inutile stare a blaterare di…meritocrazia!

Una nota di merito fuori tema all’ex ministro Profumo, quello del governo Monti, l’unico che nonostante la brevità del suo incarico sembrava avesse finalmente capito qualcosa sul da farsi. Lo stesso che ha indotto un corso per conseguire l’abilitazione (il famigerato TFA su cui ho scritto diverse volte) e conseguente concorso.

Profumo aveva proposto con ddl l’abolizione della legge del 1933 ma poi è arrivata la Carrozza ed ha sputtanato tutto. Niente più concorsi (alla faccia dei 12.000 abilitati) e niente più ddl. Sappiamo quanto è durata, per fortuna.

L’attuale ministro? La Giannini? Non lo so, è arrivata ora e non voglio sparare a zero, anche se sparerei sulla croce rossa. Ma sono abbastanza sicuro che sarà un’altra inutile persona Dopo tutto la previsione è facile: la statistica aiuta. Il 95% dei ministri dell’Istruzione del passato hanno solo fatto casino e danni, in cima all’elenco la Gelmini e la Moratti. E non state a fare i sofisti pensando che anche gli altri ministri di altri dicasteri hanno fatto lo stesso!

Personalmente poi questa roba del dottorato (appartengo ad altra generazione) la ritengo un’altra minchiata importata di sana pianta dagli Stati Uniti (dove i corsi universitari hanno tutt’altro tenore e durata!). A quanto pare oggi aver conseguito la laurea non basta, se non hai un dottorato non sei nessuno. Che clamorosa imbecillità fatta per continuare a spillare soldi alle malcapitate famiglie degli studenti e continuare ad alimentare un flusso di denaro utile a sostentare una maggioranza di imboscati e raccomandati (e questo è lo stesso motivo per cui qualche furbetto un paio di decenni fa si inventò che i corsi di laurea fino ad allora quadriennali dovettero diventare quinquennali, o le lauree 3+2 e 4+1…)

A questo link una delle tante fonti che parlano anche di recente di questa legge regia se non fascista.

PS) E diciamola tutta che si tratta del solito interesse privato in atto pubblico. Me la prendo così tanto perché una persona vittima di questo ennesimo non senso tutto nostrano è proprio mia figlia, che dopo esser stata presa in giro col TFA dovrà rinunciare al dottorato per specializzarsi sul sostegno! E come lei a migliaia!